Parkinson più lontano col caffè: lo dice un nuovo studio

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Noi lo sappiamo bene: per affrontare le giornate post rientro estivo, nulla dà la carica come un buon caffè. Giornate faticosissime, perché bisogna riprendere il tran tran quotidiano e “tirare le fila” di tutte le incombenze lasciate in sospeso. In queste situazioni potenzialmente stressanti, il caffè è un valido alleato perché favorisce la concentrazione e aiuta a mantenere alto il livello di attenzione.

Oltre la tazza c’è di più
La caffeina, però, ha benefici molto maggiori anche nel contrastare alcune patologie. Il nuovo studio “Nutritional Risk Factors, Microbiota and Parkinson’s Disease: What Is the Current Evidence?”, pubblicato sulla rivista “Nutrients” e segnalato sul sito di ISIC – Institute for Scientific Information on Coffee, ha messo in evidenza un’associazione tra consumo di caffè e minore rischio di sviluppare alcune malattie neurodegenerative, come il Parkinson.
Lo studio ha revisionato le ricerche più rilevanti dal 2000 ad oggi, inclusi studi prospettici, studi caso-controllo e metanalisi, con l’obiettivo di indagare i fattori genetici e ambientali coinvolti nella patogenesi del Parkinson. Tra i fattori ambientali analizzati dalla ricerca, la nutrizione è stata una delle aree più studiate, in quanto si tratta di un fattore potenzialmente modificabile. I ricercatori si sono concentrati quindi su specifici nutrienti e gruppi alimentari ed è stato valutato un effetto positivo, principalmente negli uomini, legato al consumo di caffè e tè e acidi grassi polinsaturi.
Come già evidenziato da un grande numero di studi  precedenti, anche questa nuova ricerca confermerebbe che il consumo di caffè, in dosi moderate e all’interno di uno stile di vita sano e attivo, sembrerebbe favorire una riduzione o un ritardo nell’insorgenza del Parkinson. Secondo diversi studi sperimentali sarebbe la caffeina il fattore decisivo, ma resta ancora da identificare con chiarezza il meccanismo d’azione. Nel frattempo, beviamoci un caffè!